Dire addio

Dire addio

È la cosa più difficile che io abbia mai fatto.

Dire basta, dire addio.

Spingere il mio dolore da una parte, chiuderlo a mandate in una stanza buia, provare a non sentirlo come quando i bambini litigano e si coprono le orecchie gridando “non ti sentoooo”. 

È così quando non ti aspetti che qualcuno ti entri dentro. Ti fermi a riflettere, analizzi quello che stai provando, nemmeno ci credi, sei spiazzato. 

Eppure lo sai, lo senti, ti scorre nelle vene la forza del nuovo sentimento ma sai anche che non sarà, che non andrà. E non puoi fermare quello che senti, quella cosa ti arriva come un fiume in piena e un po’ ti manca il respiro.

Ti arriva magari in piena notte come un sogno premonitore e allora spalanchi gli occhi, ti porti la mano allo stomaco, ti alzi al centro del letto e dici “oh no”.

Mi guardo allo specchio in questo momento in cui sono sola e lo sto aspettando.

Mi guardo e provo a parlarmi ma riesco solo a fare respiri profondi e a spingere fortissimo le mani sul piano del lavabo. Il mio corpo esprime i miei pensieri, le mie emozioni, il mio disagio. Sono un fascio di nervi, mi arrivano i crampi ai polpacci, è il segnale, lo riconosco, quando sono nervosa i miei polpacci si contraggono e quel dolore sembra infinito.

Ogni fibra del mio corpo non vuole dirgli addio, non vuole lasciarlo, ma come puoi trattenere chi non ti vuole?

Ho perso l’anello che porto al mignolo, me ne sono appena accorta mentre le mie mani continuano a spingere forte su questo marmo freddo in bagno.

Mi metto la prima cosa che trovo nell’armadio, è un vestito lungo al ginocchio di un verde oliva improponibile. Maniche a tre quarti, bottoni sul davanti. Indosso un paio di Dr Martens che mi toglierei molto volentieri per camminare scalza ma arrivo a credere che vedermi a piedi nudi possa fargli pensare che io ci stia provando.

Arriverà già pronto, lo sa che gli sto per dire basta.

A Natale gli ho comprato un portafogli, non gliel’ho mai dato. Gliel’ho anche detto. Non mi ha mai chiesto neanche quale fosse il regalo.

Patti chiari, amicizia lunga.

Mi sono riempita di video motivazionali per trovare il coraggio, la voglia, la voce per dirgli “ora basta”.

Queste persone, che in video hanno la soluzione per ogni cazzo di problema personale esistente, sono irritanti. Non  li scalfisce nulla; “non permettere a nessuno di farti del male”; “perché un narcisista torna sempre?”; “non cercare chi non ti cerca”, titoli in grassetto per attirare l’attenzione, la mia.

Questi guru del comportamento che giocano con il potere della persuasione, che hanno studiato la PNL e te la sbattono in faccia pensando che tu sia una cretina che non sappia riconoscere che quello che dicono è quello che vuoi sentirti dire.

Eppure sono passata da un video all’altro per ore, per cercare di decriptare attraverso le loro parole e i loro stupidissimi esempi i comportamenti di qualcun altro, quando la cosa più semplice in questi casi è chiedere.

Vado in cucina, riempio un bicchiere di acqua. Lo bevo e mi disseta. Socchiudo le tende e la camera entra in una penombra intima, calda, accogliente.

A cosa serve?

Guardo l’ora. È presto ma ormai è tardi. Tardi per tornare indietro, per fermare quella telefonata in cui gli dico “vieni a casa, devo parlarti”. In effetti è quello che voglio. Voglio con tutta me stessa uscire da questa situazione che non mi fa bene eppure non sono pronta a perderlo. 

Ho letto da qualche parte “sapevamo di sbagliare ma non ci importava”. Non mi è mai importato di fare la cosa giusta per gli altri, ho sempre fatto la cosa giusta per me.

Guardo ancora l’ora. Il tempo passa così lentamente quando non accade nulla.

Mi accosto alla finestra, fuori la vita scorre, c’è un andirivieni di persone che sembrano avere tutte un posto dove andare.

Io, invece, ho un posto dove non andare, dove non andare più.

Suona il citofono. Da quanto sono seduta sul divano?

Gli lascio la porta aperta.

Torno in cucina, apro fintamente la lavastoviglie, mi faccio cogliere impegnata a posare le poche stoviglie che ci sono dentro.

-Ciao- mi dice lui portando con sé il freddo di fuori

-Ehi. Sei stato puntuale-

-Già-

Si siede sul divano, lontano da me. Le braccia appoggiate sulle gambe, incrocia le mani, mi guarda.

-Non può andare avanti- gli dico mentre lascio lo straccio in un angolo.

Lui sospira, abbassa gli occhi

-che è successo?-

-mi sento stretta in questo rapporto che non mi darà mai niente di quello che voglio-

-mi dispiace, sono sempre stato sincero con te-

Eccola la parte che odio, quella in cui lui mi dice che è sempre stato sincero con me, come se questo dovesse cambiare il mio pensiero.

-lo so, ma anche io lo sono stata. E la mia sincerità non vale meno della tua-

-Non l’ho mai pensato. Nessuna mi darà mai quello che mi hai dato tu-

-Eppure non è bastato-

 

 

 

 

Questo scritto non è ispirato da persone o cose reali. E’ frutto di fantasia, è un esercizio di stile. 

Puoi condividerlo a patto di citarne i crediti. Grazie. 

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