Racconto di un racconto

 

 

Volevo scrivere un racconto, era da un po’ che ci pensavo. Qualcosa che tutti potessero leggere, che mi aiutasse a sbloccarmi.

(Non confondetevi. Il racconto è già cominciato. La protagonista sta scrivendo un pezzo del suo romanzo.)

Volevo che si vedesse un po’ il mio stile, la mia idea di scrittura. Sono stata giorni a pensare, a farmi venire un’idea. 

Racconta di una donna in cima alle scale che vede un uomo alla base delle scale. Lei di spalle. Comincialo così il racconto, questo mi dicevo. Sapete quando state facendo qualche altra cosa e vi viene in mente un’idea. Di solito è un momento topico, non ti puoi staccare da quello che stai facendo. Quando mi capita io, solitamente, mi dico tanto me la ricordo. 

Non me la ricordo mai! 

Non mi ricordo mai l’idea -geniale- che mi è venuta e soprattutto non mi ricordo le parole. Non mi ricordo quel periodo, ovviamente bellissimo, che la mia mente ha partorito e che sembrava perfetto per le pagine di un libro. Spesso mi capita di notte. Voi dormite di notte? Io dormo e penso. E le idee migliori, i personaggi più belli, le atmosfere più incredibili mi raggiungono proprio durante quel periodo onirico così profondamente sconosciuto a cui spesso è associata la domanda “lo sai che fai mentre dormi?”.

Ma torniamo a noi. Sì, il “ma” all’inizio di un periodo è stato sdoganato, possiamo ficcarlo dopo la virgola, dopo il punto di sospensione e soprattutto all’inizio di una nuova frase. “Congiunzione testuale” pare venga definita. D’altronde anche la scrittura ha fatto un bel balzo in avanti e, come per la musica esistono i “virtuosismi”, nella scrittura esistono “gli stili”. 

Non divago e vi racconto. Leggevo un detto “la persona giusta al momento sbagliato”. Quante volte è così? Poi come fai a sapere che è la persona giusta? La conosci, la frequenti? Allora perché il momento è sbagliato? Sbagliato per chi? 

Io sento la paura intorno a me e dentro di me quando si tratta degli altri. Sento che siamo tutti profondamente spaventati. Riconosci negli occhi di qualcuno la possibilità di essere amici, amiche, amanti e al contempo lo spavento perché quel qualcuno ha pensato lo stesso. 

E quindi pensi, avrà visto anche nei miei occhi lo spavento?

Del testo di Lazza di Sanremo mi ha colpito una frase “ormai nemmeno facciamo l’amore direi piuttosto che facciamo l’odio”. A parte il plauso per aver utilizzato la parola “piuttosto” come avverbio, quello che è sintomatico, specchio di ciò che stiamo diventando, è che spesso si resta insieme “facendo l’odio” quando con un altro o un’altra faremmo l’amore ma “manca il coraggio”. Ma il coraggio di cosa? Di vivere? Meglio esistere semplicemente?

Che ragionamenti sono? Sconclusionati. No, è che sto leggendo un libro e scrivo come l’autrice (magari!). Tipo flusso di coscienza, sto provando lo stile. Ma sto provando anche a girare intorno all’argomento di cui voglio parlare. 

Ho incontrato degli occhi buonissimi e timidi che ho deciso di dimenticare. Per loro ( gli occhi e il loro proprietario), e per me che non voglio fare sempre gli stessi errori. Non guardo più le sue storie mi sono detta e l’ho fatto, lo sto facendo. 

Perché le persone belle le riconosci. Io le riconosco, le ho sempre viste. E mi piace raccontarle, mi piace tenerle vicino a me per poter diventare migliore, per assorbire la loro bellezza. Ma non voglio fare loro del male né voglio che me ne venga fatto. Allora meglio lontani, meglio dimenticare. 

In effetti magari quella persona neanche si è accorta di me. E io sto qui a parlare dei suoi occhi.

Sono una personaggio in una storia! 

Dovremmo farlo tutti. Aprirci agli altri, intendo, e conoscerci senza paura. Invece costruiamo muri (veri), stabiliamo confini geografici ed emotivi che ci rendono sospettosi del prossimo. 

Ci vorrebbe un po’ di sincerità in questo mondo e tra le persone. Ci vorrebbe la voglia di non scegliere il lavoro, le passioni, l’amore in base al “ciò che è meglio” ma in base alle nostre inclinazioni, in base a ciò che ci fa battere il cuore.

E sì, forse ci dovremmo sacrificare molto di più, magari rinunciare a qualcosa nel corso del tempo ma quanto è bello arrivare in cima? Quanta soddisfazione si prova nel  raggiungere il risultato? Quanto si sorride quando guardiamo arrivare la persona che abbiamo sempre cercato? 

E’ un click, il suono giusto della combinazione di una cassaforte o ancora come quell’ultimo tassello del puzzle di un miliardo di pezzi che abbiamo finalmente terminato.

Ciascuno al proprio posto. 

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